lunedì 23 giugno 2014

Galan: io, innocente, investito da un ciclone. I pm: Presi 50 milioni

Giancarlo Galan
ROMA - "Sono stato investito da un ciclone umano, mediatico, giudiziario che mai avrei pensato. Io non ho le colpe che mi vengono attribuite". Lo dice il deputato di Fi Giancarlo Galan illustrando la memoria difensiva depositata in Giunta per le autorizzazioni alla Camera relativamente all'inchiesta Mose e alla richiesta di arresto. "Sulle mie condizioni patrimoniali e sulla casa sono state dette fesserie colossali. Non esiste una parola sul fatto che io abbia avuto soldi". 
"Finalmente dopo 20 giorni posso parlare. Finora non ho parlato con nessuno per rispetto nei confronti della magistratura: volevo che i magistrati fossero i primi a ascoltare. Non hanno voluto farlo e ora io sono qui. Nel frattempo non è che non abbiate scritto le peggiori infamie. Io so che il politico è un mostro, ma mi aspettavo più rispetto nei confronti miei e della mia famiglia. La casa l'ho comprata da un dentista di Pantelleria, già restaurata. Quante balle".  "L'ingegner Mazzacurati sostiene che il Consorzio Venezia Nuova mi avrebbe corrisposto ben 1 milione di euro all'anno dal 2005 al 2011. Un'accusa fantasiosa e infamante. E' semplicemente assurdo" scrive Galan nella sua memoria difensiva sull'inchiesta Mose aggiungendo come "da diverse fonti processuali emerga che molti denari consegnati a Mazzacurati servivano a scopi personali dello stesso per milioni di euro. Il che - sottolinea Galan - fa pensare che costui abbia usato la fantasiosa storia del milione di euro all'anno quale 'copertura' di proprie ingenti appropriazioni". Difendendo la sua vita privata, aggiunge: "Mia moglie non faceva la cubista, non ha neppure il fisico anche se è una bellissima donna a cui voglio bene. Quando mi ha conosciuto lavorava nel volontariato ed è stato licenziata. Almeno questo".

"Io, fino a prova contraria, credo sempre nella buona fede delle persone. Voglio sperare si leggano bene la carte", dice poi Galan replicando a chi sottolinea che sarà la Giunta per le autorizzazioni della Camera a decidere se portare in Aula la richiesta di arresto nei sui confronti. "Non c'è uno che dica che mi ha messo in mano mille euro. Non esiste una parola sul fatto che io abbia avuto soldi", si difende. 

"Nel procedimento penale si è manifestato nei miei confronti un fumus persecutionis evidentissimo", afferma pur dicendo di non sentirsi "perseguitato dai magistrati né tradito dagli amici". "Io non mi sento perseguitato da nessuno", chiarisce. Tuttavia, ribadisce, "ritengo che i magistrati siano stati indotti in errore da una falsa rappresentazione preparata dalla guardia di finanza su basi presuntive e non documentali. Io sento che la Gdf ha fatto un lavoro modesto e scadente tale da indurre in errore".
A carico di Gianfranco Galan emergono delle intercettazioni ambientali che gli attribuiscono fondi non ben precisati portati all'estero. Lo ha reso noto, davanti ai giudici del riesame, il pm Stefano Ancillotto che con i colleghi Paola Tonini e Stefano Buccini sta gestendo l'inchiesta. Secondo quanto riferito da Ancillotto, le intercettazioni ambientali riguardano dialoghi tra il commercialista di Galan, Paolo Venuti - anch'egli indagato - e sua moglie. Dal dialogo tra Venuti e la donna si capisce che il commercialista fungeva da prestanome per Galan e che proprio per conto del parlamentare di Forza Italia del denaro sarebbe stato portato all'estero e che, proprio mentre esplodeva l'inchiesta, Venuti avrebbe detto alla moglie che solo l'ex governatore del Veneto avrebbe potuto decidere il da farsi. Nel corso del riesame il legale di Venuti, Emanuele Fragasso, ha minimizzato l'intercettazione ricordando che il commercialista era amico da sempre di Galan (quindi i fondi potrebbero essere antecedenti la vicenda Mose) e che tutta la contabilità della famiglia dell'ex governatore era in mano al commercialista. Fragasso ha anche sottolineato che nella vicenda Venuti-Galan "ci sono aspetti paradossali, perché quando il commercialista si occupa di un altro cliente, che non è Galan, viene perquisito proprio per delle carte che fanno riferimento a investimenti all'estero, documenti risultati in regola che però nell'inchiesta 'diventano' di Galan".  Nelle carte dell'inchiesta Mose si parla di "cospicue operazioni commerciali nel Sud Est asiatico" nell'ordine di 50 milioni di dollari, trovate in documenti in possesso del 'prestanome' Paolo Venuti, per le quali emergerebbe "la riconducibilità alla famiglia Galan". Lo affermano i pm nella richiesta al gip degli arresti del 4 giugno scorso

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